Lo
scorso anno vi ho invaso con il mio effimero entusiasmo per l'arrivo dei 40, quest’anno vi
risparmio la finta euforia dei 41 e mi preparo a navigare in altri mari ed
approdare in nuovi porti. Come dite?! I porti sono chiusi?! Fanculo.
Ho la
nausea. E non lo dico da un attico, lo dico dai 35 metri quadri del mio monolocale in affitto immerso nel quartiere multietnico della capitale.
Fanculo sul
serio perché questa dilagante deriva razzista mi fa schifo.
Il compleanno resta il giorno della resa dei
conti, è il giorno in cui ci si diverte a dialogare con il proprio ego smisurato, una specie di capodanno personale, soggettivo e individualista, dove l’ io diventa l’unità di misura del
resto.
Niente
sconti. È stato tutto in salita. Ho conosciuto dei nuovi esserini meravigliosi
che si chiamano studenti, pieni di domande, di noie da combattere, guerrieri di
carta, spigolosi, morbidi, fragili. Da amare.
Mi sono lasciata adottare da una
nuova famiglia fatta di colleghe straordinarie e ogni giorno mi chiedevo se
amavo di più la biondina, la biondona, la mora, la riccia, la rossa (e sì,
manco la rossa mi sono fatta mancare) o quella col capello corto che ormai è
nel mio cuore da anni.
La stanchezza non è mancata. Rabbia, tanta. Odio, un
po’.
Ho riabbracciato sotto la pioggia Antonio, Lorenzo e poi Santa. Ed è stato
bello.
Ho fatto una cena almodoroviana o forse due e adesso aspetto la terza.
Ho preso la tessera elettorale che non toccavo da anni e ho fatto 1200 km per
andare a votare un partito che ahimè non ha superato lo sbarramento del 4 per
cento e sono fiera di averlo fatto.
A due mesi dal voto ci siamo svegliati con
un governo leghista, fascista, omofobo e razzista e con un lusso a cinque
stelle che non posso permettermi.
Qualche amica è diventata mamma, qualche amico
papà, io no, non ce l’ho fatta.
Ho visto nascere uno spot sociale di 60 secondi
dalle mani dei miei studenti ed è stata una magia condivisa con chi ha reso
possibile tutto ciò.
Mia mamma ha
compiuto 60 anni, mio nipote ha imparato a scrivere, legge le "Favole al
telefono" di Rodari e si domanda quando potrà iniziare a prendere decisioni da
solo.
Ho ripreso ad occupare le piazze e parlare di politica. Ho litigato.
Ho
festeggiato il compleanno di Michele, di Paola, di Leo, di Carlo, di Marta, di
Già.
Ho sfoderato la chitarra senza suonarla insieme ad una compagna di battaglie
invincibile con cui ho imparato il giro di do.
Ho chi mi tranquillizza su Messenger
quando il Re è in campo.
Ho incontrato un personal trainer che sento che mi
cambierà la vita.
Ho scoperto che in palestra non ci sono solo muscoli ma
paleontologi, biologi, economisti, ballerini e ragazze stupende.
“Burro di
arachidi” è la mia nuova parola d’ordine,
quella che sostituirebbe Fidelio in un remake di "Eyes Wide Shuts", o per
i meno audaci, le versione vegana dell’Ultimo tango a Parigi, per i
nutrizionisti la marcia in più per chi è sottopeso.
Quante cose si pensano nei giorni di festa. Troppe. Anche se in fondo il giorno del mio compleanno altro non è, che la vigilia di Wimbledon.
Prima o poi farò una festa per stare tutti insieme, per riabbracciare chi non vedo da anni, per conoscere qualcuno dei miei contatti virtuali, e spegnere le candeline insieme a tutte quelle amiche e amici che sopportano i miei alti e bassi e le mie teorie bizzarre.
A presto e scusate se non vi ho portato a ballare, non ho mica vent'anni ne ho molti di meno.