108 metri. Leggerlo è come camminare sui binari morti di una classe
operaia precaria ormai depauperata della coscienza necessaria, senza
destinazione scritta sul biglietto, di
passaggio, senza paradiso. Già “Amianto”
mi aveva inchiodato nella toscana operaia tra Livorno e Piombino, avevo pianto
per Renato, leggendo sentivo il rumore sordo delle pacche sulla spalla del
padre operaio al figlio studente e la storia mi attraversava costringendo me
lettrice, ad abbassare lo sguardo e sotto non vi trovavo più le scarpe comprate
oggi, ma quelle compratemi da mio padre, con il sacrificio, lo sforzo semplice sopra
l’incoscienza imbarazzata di me studentessa. E Piombino mi pareva il sud in cui
sono nata e sentivo l’odore dell’eternit proveniente da sotto il mio balcone.
Un libro in cui il nesso tra i modi di produzione e le forme di coscienza si facevano schegge che
avvelenano le piastrine. Il curriculum di Renato era fatto di timbri, tessere
sindacali, appunti, cortisone e morfina mentre Nada cantava Ma che freddo fa.
Il curriculum di Alberto, il figlio, è fatto di liceo, università, redazioni,
traduzioni cessi e pizzerie britanniche e di sogni torbidi disinfettati dalla
vodka. Alberto con le spalle da operaio e le mani da scrittore, ci conduce dove
non vorremmo mai trovarci: nel disagio. Nel disagio di un impianto borghese su
una carcassa operaia, nel disagio di chi in testa s’è messo Lo Straniero di
Camus e La nausea di Sartre ma ai piedi ha gli scarponi infortunistici che gli
ha regalato il padre. Alberto è di parola: “Babbo, ‘un ti preoccupà, a fa’ il cane da lecco d’un
signore, te ‘un mi vedrai mai”! E pure l’Università tradisce le aspettative del
giovane e promettente studente, piena com’è di sociologi che parlano di un mondo
nuovo fatto di opportunità fluide. Un ‘brodo’ avrebbe detto suo padre: “gente
liquida, guai a fidarsi”. E Alberto non si fida, e anche la sua ironia “puzza
di stalla e di vino d’un tempo, è greve e rumorosa, mica sta roba fruttata,
succosa, agile al palato, che va tanto di moda adesso”. Centootto metri di parole intrise di
neorealismo e istinto di classe, fucking hell di primo mattino e pizze che non
devono tornare indietro.
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