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mercoledì 27 settembre 2017

Una cosa pazzesca


Pronto? Sei appena rientrato?
Verresti a controllare se sono viva o morta? Non sto scherzando. Non posso decidere da sola se sono morta. Nessuna morte si è mai auto-confermata. È indispensabile la presenza di qualcuno, lo so, è assurdo, una cosa preziosa come la propria morte, la può verificare solo qualcun altro. Se capita che muori, e capita, non puoi verificarlo da solo e non puoi darne notizia. Altro che libertà. Altro che democrazia. Lo so mi dispiace farti scomodare, e poi è mercoledì ed è il giorno in cui tu finisci prima di lavorare e potresti startene tranquillo davanti la tua serie tv preferita. Ma ho bisogno di sapere se sono viva o morta. Sto cercando di capirlo da sola, provando a ricordare tutte le nozioni che ho dell’inferno e ad occhio e croce ci sono finita in pieno. Dai, vieni. Dai, solo una sbirciatina. Se sono viva, svegliami: devo raccontarti una cosa pazzesca!


Link immagine: taryndraws

mercoledì 20 settembre 2017

ore diciannove

Sapete quella storia che c’è un tempo per la semina e uno per la raccolta? Credo c'entri la Bibbia. O forse la natura. E anche se a me ne parlò per primo Fossati, la voce più accreditata resta quella dei vangeli sinottici ovviamente, quando Matteo, Marco, Luca, Tommaso, raccontarono la parabola del seminatore. Marx spostò il problema dal ruolo della semina al ruolo dei contadini. E anche quando dopo il 18 Brumaio il contadino che decise di liberarsi del suo appezzamento di terreno si fece contadino rivoluzionario, anche allora, vi era un tempo per la semina e uno per la raccolta. Oggi io voglio dirvi che se è vero che c’è un tempo per ogni cosa, c’è un’ora del giorno buona per fare una cosa: per fare pace. Le 19:00. Alle 19 ti arrendi. Quello che sei riuscito a fare, bene, per quello che non hai fatto, ci sarà tempo domani. Fai pace con i pensieri peggiori, è l’ora giusta per bersi una birra o un bicchiere di vino, a secondo delle tue preferenze etiliche. Puoi far scatenare la notte e tutte le sue perversioni, distorsioni, magie. Puoi fare pace anche col vicino, anzi ti consiglio di uscire da casa, bussare alla sua porta e offrirgli il tuo bicchiere. Alle 19 le ansie smettono di lottare, se per minuti o per ore, quello dipende da te, dal tuo temperamento e dalla gradazione alcolica. Non sei più arrabbiato. Potresti anche prendere il telefono e chiamare quel bislacco che è sparito col tuo sorriso e ti ha lasciato solo perché non sei soda come Fausta. Ma per quest’ultimo passaggio aspetterei le 20, quando tutto tornerà normale.


martedì 12 settembre 2017

Buon inizio a tutti


Via! Si ricomincia. Il primo giorno è pur sempre il primo giorno. Anche quando fai lo stesso lavoro da 10 anni. Nulla è pronto. Ormai è la regola nella scuola italiana: quando suona la campana, nulla è pronto.
Ciò che si prova è indescrivibile. Tocca a me accoglierli, devo trasmettergli serenità, autorevolezza, credibilità, curiosità. Ovvio che non ne sono capace, ma ci provo e odio chi sentenzia sulla mia imprevedibilità, sulla mia vulnerabilità, sulla mia libertà di espressione e di conduzione. Le varie legislature ci hanno convinto (a noi docenti e a tutti quelli che per ragioni diverse ruotano intorno alla scuola in qualità di genitori, nonni, affidatari, assistenti sociali, rappresentanti vari), che la scuola si regga sul POF, poi sul PTOF, che ci voglia un comitato di accoglienza, che bisogna verbalizzare tutto, che bisogna valutare tutti, che bisogna poter misurare i cambiamenti, i percorsi, i progressi. Se non verbalizzi ciò che hai fatto, non vale, se non valuti, non conti, se non monitori ogni tua azione, non stai facendo scuola. Se bocci, sei un fallito. Guai a usare la bocciatura come spia, come segnale di qualcosa che si sta inceppando, per la nuova Ministra l’importante è promuoverli tutti, non importa se poi, non appena girato l’angolo, si schiantino su un muro perché nessuno gli ha detto che la spia dell’acqua era accesa e il motore andava raffreddato un po’. Se i tuoi alunni non sono brillanti e vincenti, vali meno di un reality di terza serata. Se sei un precario devi portare pazienza, se sei di ruolo, erri, come un cavaliere errante. Brutto è il sistema che oggi costringe molti di noi, a lavorare in luoghi che non abbiamo scelto. Odio chi mi vorrebbe pronta e adeguata a calibrare ogni mossa. Odio chi mi ha costretto a somministrare proposte di accoglienza tutte uguali, per accogliere i “tutti diversi” al fine di poter dire “così li abbiamo integrati. Odio le virgolette. Detesto tutto ciò fortemente perché per me oggi l’imbarazzo più grande sarà entrare in una classe e confrontarmi con l’immensità dello sguardo di ogni nuovo alunno, che mi guarderà come fossi un’aliena e si aspetterà che io lo salvi, o che io lo ignori, o che io lo segua, o che io lo ascolti, o che io lo nutra o che io lo punisca. E io non saprò che fare davanti a quell’immensità, perché non sono Leopardi e il dialogo con la Natura l’abbiamo perso da un pezzo. Beati voi che sapete chiaramente che nel POF è previsto che le classi prime bla bla bla…, le classi terze invece, bla bla bla… Io il primo giorno so solo che mi emozionerò con ogni molecola di me e lo scossone sarà talmente forte che anche i miei avi avvertiranno qualcosa. So che non sarò perfetta, so che sobbalzerò stringendo la mano dei più grandi, di quelli che hai lasciato a giugno e che in tre mesi si sono trasformati in altro, e mi imbarazzerò davanti lo sguardo dei nuovi chi si aspetteranno grandi cose e con cui già sono in debito di una risposta. Che sia un buon inizio per tutti. Che le domande possano fare a gara per emergere, per le risposte ci sarà sempre tempo. So che non sono la sola a provare tutto ciò. Però vi prego, non costringetemi a valutare tutto, a misurare, monitorare in maniera spasmodica: è contro natura. Vi è mai capitato di piantare un semino, una radice? Che fate? La nutrite, l’annaffiate, la posizionate verso la luce, aspettate che cresca coi tempi che gli sono propri. Non la spiantate ogni giorno per vedere se le radici stanno crescendo bene. Ecco, a scuola è così. È un giardino, un orto, un’aiuola, un bosco, una selva selvaggia. Che importa. L’importante è crescere insieme.
Mi stani pure, signora Ministra, male che vada, andrò a piantare rose nel giardino che non c’è.

mercoledì 6 settembre 2017

Per non perdere la priorità acquisita - laura isaia


Ti fregano così. Ti tengono lì. Con dolcezza. Sottofondo musicale. Per minuti, ore, giorni, forse. So di qualcuno che c’è morto in attesa. Ti rispondono con una voce rassicurante. 
Ti fanno sentire importante, perché tu, se resti lì, non sei uno o una qualunque, tu hai già acquisito una priorità. 
Sarebbe un peccato perderla. 
E tu condivi questa gioia con chissà quanti utenti, nell’illusione di essere la sola o quanto meno, la prima. Attendere. Attendere.
Prendiamoci del tempo per pensare, amore. 
Resti in attesa per non prendere la priorità acquisita. E tu ci credi. E aspetti. E pensi. A cosa pensi non si sa, perché nessun pensiero buono è mai nato nell’attesa imposta da qualcun altro. Ti si forma un buco energetico, i tram continuano a passare, la radio a suonare e i figli del vicino hanno fatto un goal nella porta di casa. Ma tu abbassi il volume del mondo fuori, chiudi la finestra, perché non vorresti mai che qualche strano rumore possa impedirti di cogliere al meglio il momento in cui la tua priorità acquista diventi cosa umana. E attendi ancora. E nell’attesa i pensieri si fanno brutti e la soluzione è sempre più lontana. Solo quando riattacchi, tutto torna a vibrare. Solo quando decidi che puoi perdere la priorità acquisita, vinci un bonus da spendere con chi ti pare.