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martedì 30 maggio 2017

Piazza Vittorio - laura isaia

Mi chiedo spesso perché amo vivere a piazza Vittorio. Le luci rosse dei locali cinesi e le spezie nauseabonde o afrodisiache dei ristoranti indiani fanno da scenario surreale agli scrittori di passaggio, ai registi di zona, agli avvocati silenziosi, ai turisti, ai matti, ai vagabondi, ai dimenticati. Ci trovi gli studenti, i corsi di arabo, il mercato, i fiorai, le scuole di musica, i tangheri in piazza, i vecchi bar venduti ad un oriente sporco quanto l’occidente, i bar che sopravvivono, i bar che ti traghettano, un piccolo cinematografo per documentaristi testardi, una cappelleria che si trasforma e insieme al brunch ti regala musica jazz. Ci sono i Residenti e i Resistenti. E poi ci sono io.  Forse è osservare tutto ciò da una finestra del quinto piano che me lo rende magico. Forse è la luce che entra da quassù che mi scalda il cuore perché mi sento vicina  al sole e mai lontana dalla luna. Ma non è questo che mi trattiene. Termini. La stazione Termini, da qui non la vedo ma la sento. Niente è più confortevole per chi vive con un piede dentro e uno fuori, per chi è in eterno dubbio tra tornare, restare, partire, che sentire gli avvisi dei treni in partenza e in arrivo.  Treno in arrivo al binario 11, allontanarsi dalla linea gialla. Treno in partenza al binario 24, allontanarsi dalla linea gialla. Allontanarsi dalla linea gialla. Allontanarsi dalla linea gialla… 

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