Piazza Vittorio - laura isaia
Mi chiedo spesso perché amo vivere a piazza
Vittorio. Le luci rosse dei locali cinesi
e le spezie nauseabonde o afrodisiache dei ristoranti indiani fanno da scenario
surreale agli scrittori di passaggio, ai registi di zona, agli avvocati
silenziosi, ai turisti, ai matti, ai vagabondi, ai dimenticati. Ci trovi gli
studenti, i corsi di arabo, il mercato, i fiorai, le scuole di musica, i tangheri
in piazza, i vecchi bar venduti ad un oriente sporco quanto l’occidente, i bar
che sopravvivono, i bar che ti traghettano, un piccolo cinematografo per
documentaristi testardi, una cappelleria che si trasforma e insieme al brunch
ti regala musica jazz. Ci sono i Residenti e i
Resistenti. E poi ci sono io. Forse è
osservare tutto ciò da una finestra del quinto piano che me lo rende magico.
Forse è la luce che entra da quassù che mi scalda il cuore perché mi sento vicina al sole e mai lontana dalla luna. Ma non è questo che mi trattiene.
Termini. La stazione Termini, da qui non
la vedo ma la sento. Niente è più confortevole per chi vive con un piede dentro
e uno fuori, per chi è in eterno dubbio tra tornare, restare, partire, che
sentire gli avvisi dei treni in partenza e in arrivo. Treno in arrivo al binario 11, allontanarsi
dalla linea gialla. Treno in partenza al binario 24, allontanarsi dalla linea
gialla. Allontanarsi dalla linea gialla. Allontanarsi dalla linea gialla…
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