Robledo. Il plausibile è rivoluzione
La parola è un
condominio. Non lo dico io, lo dice Daniele Zito, nel bel
mezzo del suo libro, del suo secondo romanzo. Un romanzo necessario, affinché
la storia non dimentichi l’operato di Robledo.
Come Manzoni, Zito, simula un ritrovamento e sempre come Manzoni, ne
certifica la veridicità. E se l’illustre
autore della Storia della colonna infame
ci consegna le chiavi di un nuovo patto tra scrittore e lettore, tra il reale e
il pensiero, attraverso la categoria del verosimile,
Zito, supera a sinistra, senza fretta e
senza freccia e rinvigorisce il patto con una nuova categoria: il plausibile. L’idea che ciò che è plausibile
meriti di essere preso in considerazione è
un’idea rivoluzionaria. È un romanzo sul lavoro, sul lavoro come maschera
da indossare per non andare a spasso nudi; sui lavoratori. Sui lavoratori? Ma
che dico? sui disoccupati travestiti da lavoratori. Disoccupati occupati che sembrano bambini che
giocano a nascondino, che si muovono fintamente spensierati e si battono, nella
loro corsa individuale, per un avvincente “libera per tutti!”. Sono personaggi per cui la realtà è un luogo
orribile e come soldati, si armano di divise, per marciare e calpestare
l’oblio.Tutti alla ricerca di una fine, che sia il meno mistica possibile e più plausibile del reale e perché no, suggestiva. Zito
ci accompagna in questo ascensore sociale,
e mentre si diverte a volteggiare
sopra il capo di chi ancora deve morire, costruisce un omaggio a tutti
coloro i quali abitano sul bordo della
vita. Ogni pagina custodisce un unico monolite: siamo uguali, siamo desolatamente uguali, uguali fino allo sfinimento.
Uguaglianza che a tratti infastidisce a tratti salva. Sono pagine fatte da schiavi felici di esserlo perché forse ci si scopre più
ragionevoli nell’essere schiavi felici che uomini liberi infelici. Lo stile è quello di chi dice che la parola è un condominio, e se non ci
credete, leggetelo e ne riparleremo.
Diciamo che una recensione funziona quando fa venire voglia di leggere. E io adesso mi sono già pentita di non aver ancora letto Robledo, pur avendolo visto in libreria.
RispondiElimina