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martedì 29 maggio 2018

Celestino

Fu Agosto. Fu Agosto cocente e maledetto. La Sicilia era piena di sole e di vita e mal sopportò la mia astenia, le mie mani inquiete, i miei passi veloci, la mia malinconia che non trovava nome, e così mi rispedì nella parte continentale di me. In quarantacinque minuti di volo mi ritrovai con una vacanza finita prima di iniziare e con l’unica certezza di vivere in quella che  quando è vuota è veramente la città più bella del mondo. L’umore restò cupo nonostante lo splendore dei fori imperiali alle 6 del mattino e nonostante quel giro in motorino alle tre di notte fino al roseto. Poi la trappola del vuoto afoso, del non senso.   
Forse è in momenti come questi che taluni scrivono cose incomprensibili come “nonpiangeresalamedaicapelliverderameèsoloungiocoenonèunfuoco”.
Il cinismo aleggiava tra i superstiti urbani e così mia sorella mi chiese: «Non è che ti trasferiresti da me per occuparti di Celestino cosicché io possa patire per qualche giorno di mare?».
Ma ti pare. Io che adesso non so occuparmi di me dovrei occuparmi di Celeste? Impossibile. «Certo che posso».
Ecco le chiavi! Qui c’è il cibo! Bada bene: questi sono i croccantini che non devono mai mancare, questi sono i croccantini per i gatti dei vicini che ti vengono a trovare, i gourment sono per il pranzo, questi daglieli se lo vedi un po’ triste, questi sono i “premietti” se ha fatto qualcosa di buono, questi qui, questi con la scritta bianca, daglieli di sera, ma solo se non gli hai dato i “premietti”, altrimenti puoi dargli questi che ti ho appoggiato sopra la credenza. Hai capito?
Certo che ho capito.
La casa è piena di post-it. Tutti per me! Nessuno aveva mai scritto così tanto per me.
Celeste e io.
Io e Celeste.
Agosto. Roma. Cortile. Ultime raccomandazioni: «Celeste sembra piccolo ma è già cresciuto e da qualche giorno sale pure sui tetti!». Celeste, certe volte, fa tardi la sera.
Sui tetti? Porcomondo ho paura! «senti ti ho detto che LUI sale sui tetti, non devi salirci tu, sta’ tranquilla». Se non fosse per certe risposte di mia sorella starei ancora a ciucciarmi il calzino.
Celeste e io.
Ci guardiamo.
Lui sembra uno di mondo e mi fa sentire la piccola fiammiferaia ma poi si fa buono e si avvicina. I patti sembrano chiari. Lo fisso: sia chiaro, tu andrai a farti le passeggiate ma non dovrà mai passare più di un’ora senza che io abbia tue notizie, tu non devi perderti perché io non so dove cercarti e poi se ti perdi mia sorella mia ammazza. Hai capito? Mi ammazza; fine, non potrò più trascinarmi e logorarmi al meglio perché sarò morta. Ammazzata. 
Il pensiero non lo turba, ma sta ai patti, perché lui è un gatto e i gatti sanno sempre come trattare. 
È lui che detta i ritmi di sonno e veglia, ma un mattino lo frego e mi alzo prima del suo risveglio e gli porto la colazione a letto. Apprezza, sembra tenero come un bambino di un anno ma varcata lo soglia di casa si fa adulto, burbero e scocciato. Si volta sempre prima di andar via e quando rincasa mi guarda come si guardano gli essere incompiuti, mi fissa e pensa: «questa è scema, questa me l’hanno mandata per aprirmi e chiudermi la porta di casa perché non si fidano ancora di lasciarmi le chiavi e per ricordarmi che gli esseri umani sono dei rompicoglioni pieni di paura e senza pelo e senza nemmeno una coda»
I giorni scorrono veloci, non si è mai soli da soli con un gatto in casa. Fa pure le fusa. È amore, amore che dura tra i 57 e i 120 secondi. 
La mia missione da cat sitter volge al termine e sto già in fase sindrome di abbandono. Ho radunato le mie cose vicino la porta d’ingresso ed ho in testa  il pensiero se salutare o no Celeste. Non sopporto i finali. E poi lui che ne sa che è finita? 
il cancello è socchiuso, Celeste rincasa e appoggia vicino ai miei piedi una lucertola. Sui miei piedi. Mi guarda fiero e indifferente. 
AAA cercasi fierezza e indifferenza per reggere lo sguardo di un gatto, astenersi lucertole e perditempo.

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