Stavamo in motorino, tra il Muro Torto e Piazza del
Popolo, ma non fidatevi delle mie indicazioni stradali, sono più che
approssimative, continuo ad usare il fegato al posto della bussola, per il resto
c’è google maps. Dunque, dicevo che stavamo in motorino, all’ombra del muro
torto, anzi, lui stava in motorino, io aggrappata dietro come in una giostra, tutta contenta del gettone appena vinto. In due non facevamo 10 decimi nemmeno
con le diottrie aggiuntive. Però si parlava di infinito. Il traffico si portava
via qualche parola ma ci si capiva lo steso, NOI, che spesso non ci capivamo
nemmeno da sdraiati. “Ma se l’Universo è infinito, come si espande? Verso dove
va? C’è qualcosa di più infinito oltre l’infinito?”. Le domande erano belle, ma le nostre risposte,
più erano articolate, più mostravano caos. Ci aggrappavamo ai pochi elementi
certi. Il tempo, lo spazio. Ma dell’universo oltre l’infinito nessuna traccia.
Oggi che le nostre voci non si distinguono e non si cercano da un po’ di tempo,
oggi che non saprei dove collocarti nello spazio e ignara, di quale giostra ci
sia sotto i miei sobbalzi, ho percepito l’espandersi dell’Universo. Ho sommato
alla distanza del Muro Torto, il tempo dell’assenza, e come avviene nello
Spazio, la materia si è trasformata, e insieme abbiamo espanso l’universo senza
accorgercene.
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