Ti fregano così. Ti tengono lì. Con dolcezza.
Sottofondo musicale. Per minuti, ore, giorni, forse. So di qualcuno che c’è
morto in attesa. Ti rispondono con una voce rassicurante.
Ti fanno sentire
importante, perché tu, se resti lì, non sei uno o una qualunque, tu hai già
acquisito una priorità.
Sarebbe un peccato perderla.
E tu condivi questa gioia
con chissà quanti utenti, nell’illusione di essere la sola o quanto meno, la
prima. Attendere. Attendere.
Prendiamoci del tempo per pensare, amore.
Resti in
attesa per non prendere la priorità acquisita. E tu ci credi. E aspetti. E
pensi. A cosa pensi non si sa, perché nessun pensiero buono è mai nato
nell’attesa imposta da qualcun altro. Ti si forma un buco energetico, i tram
continuano a passare, la radio a suonare e i figli del vicino hanno fatto un
goal nella porta di casa. Ma tu abbassi il volume del mondo fuori, chiudi la
finestra, perché non vorresti mai che qualche strano rumore possa impedirti di
cogliere al meglio il momento in cui la tua priorità acquista diventi cosa
umana. E attendi ancora. E nell’attesa i pensieri si fanno brutti e la
soluzione è sempre più lontana. Solo quando riattacchi, tutto torna a vibrare.
Solo quando decidi che puoi perdere la priorità acquisita, vinci un bonus da
spendere con chi ti pare.
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