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mercoledì 21 giugno 2017

Quel mondo senza i Rolling Stones - laura isaia


Oggi il mio operatore telefonico mi ha abbandonato. Niente internet, niente info, niente social, niente telefono, niente bip. Il mondo in una stanza senza internet è un mondo che si misura in metri quadrati, le ore che passano senza sapere cosa accade fuori sono ore che ti permettono di trovare le cose che hai perso dentro: il portaocchiali giallo abbandonato sulla mensola non più raggiungibile dal tuo sguardo perché sempre chino sull’iPhone, le penne di carta che il tipo con cui ti vedevi di nascosto a Natale ti ha regalato ma che non hai mai usato perché Word è meglio anche se lo odi, perché Pages tiene meglio i tuoi ricordi e regge meglio le tue emozioni,  per non parlare di Evernote che ti permette di appuntarti tutto per non dimenticare nulla e non dover tenere niente a mente (inutile chiedersi perché la nostra mente debba essere alleggerita dallo sforzo di ricordare, perché a trovare la risposta si rischierebbe  di dover rivedere il nostro status quo. E adesso un’antica domanda scalcia per imporsi: ma quo è il secondo? Quello col cappello a strisce nere e verdi?). 
Esauritosi l’entusiasmo per i ritrovamenti, il silenzio ripiomba nella stanza. Una maledetta e inutile voglia di Rolling Stones echeggia nell’aria. Vorrei accendere la radio ma non ce l’ho. Di solito uso internet per la musica ma oggi non c’è più un solito a farmi compagnia. Potrei mettermi a piegare la montagna di vestiti che sovrasta la mia sedia, ma sono pigra e all’ordine preferisco lo scavo e così scavando mi imbatto nell’ennesimo ritrovamento della giornata: un’edizione del teatro di B. Brecht con il testo originale a fronte era rimasto seppellito da una montagna di consumismo fatta di straccetti da indossare, stropicciati e mai piegati. Leggo. Non ci resta che leggere quando non possiamo più comunicare. Leggo e mi vien voglia di passare da Berlino prima di andare chissà dove. Quasi quasi chiudo il libro apro il portatile e  prenoto un volo law cost. No, non posso, non ho internet. E nemmeno i soldi. Continuo a leggere. Ma esistono ancora le agenzie di viaggio? Che dite, finisco l’atto unico, indosso un abitino stropicciato e vado a prenotare il viaggio? In questo micro spostamento di pensiero intravedo la mia immagine nello specchio. Sono buffa, schiacciata sulla testata del letto con in mano bertolt brecht. Sembro un francobollo della DDR. Che fame. Che voglia assurda dei cetriolini di Good Bye Lenin. Se sapessi scrivere, scriverei la storia a puntate  dello Spreewald. 
È quasi buio dalla mia finestra, fuori la vita degli altri. Dentro la mia. Il respiro è leggero, la consistenza è quella di un francobollo. 
Certo, un muro, deve essere sembrato qualcosa di più spesso di una linea gialla, ma suvvia, le giornate senza i Rolling Stones non mi sembrano così invivibili.

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